Lo sviluppo della psicologia filosofica

la psicologia filosofica

La psicologia filosofica è la ricerca condotta con metodo filosofico intorno all’anima e alle sue attività, cercando di risolverne gli ultimi problemi riguardanti sia la natura dell’anima, sia il rapporto delle diverse attività con l’unico principio (l’anima), sia il rapporto tra corpo e anima. I temi ai quali si interessa la psicologia sono la conoscenza (sensitiva e intellettiva), l’attività affettiva e volitiva, la libertà, la natura dell’anima, il rapporto tra anima e corpo nell’unità del composto fisico-psichico. L’interesse nei riguardi dell’anima è assente nei primi filosofi (gli ionici) intenti al problema della natura (al mondo degli oggetti), ma già si avverte in Eraclito: i termini dell’anima non riusciresti a raggiungere per nessun viaggio, ogni strada battendo; cosi profondo è il suo logo. Anticipando l’imperativo socratico (conosci te stesso), Eraclito afferma: Investigai me stesso. L’intuizione di Eraclito rimase però solitaria nella filosofia greca, la cui psicologia risulta come un momento di una concezione metafisica universale, sia in Platone che in Aristotele.

La sfera psicologica nella filosofia antica

La psicologia platonica infatti dipende dalla metafisica delle Idee (il mondo dell’essere) di cui l’anima fa parte (è perciò eterna e in perenne antitesi al corpo) e a cui deve ritornare mediante il loro ricordo e la dissoluzione del corpo in cui è momentaneamente imprigionata.

La psicologia aristotelica si inserisce nella concezione metafisica della realtà come sinolo di materia e forma: l’anima è la forma del corpo, principio delle funzioni negative (nel mondo vegetale), delle funzioni vegetative e sensitive (nel mondo animale), delle funzioni vegetative, sensitive e intellettive (nel mondo umano). Anche l’anima umana, in quanto forma del corpo, dovrebbe dissolversi con la dissoluzione del corpo; tuttavia per la presenza in essa dell’intelletto agente (universale e divino) potrebbe ritenersi anche immortale. Al riguardo Aristotele è almeno incerto, e i suoi interpreti si sono sempre divisi nell’affermare l’immortalità dell’anima (S. Tommaso) o nel negarla (Averroé e averroisti). A parte questo problema di fondo, il De Anima di Aristotele resta una delle opere psicologiche piú importanti della cultura occidentale, che ha fatto scuola fino al sorgere della psicologia scientifica e che mantiene tuttora il suo interesse. Altre concezioni di psicologiche condizionate da una visione metafisica furono quella materialistica di Democrito (l’anima come atomo materiale di forma particolare) e quella matematica di Pitagora (l’anima come numero).

Le correnti successive dello stoicismo, dell’epicureismo e del neoplatonismo rieccheggiarono, pur con particolari dottrine sulla conoscenza, sul piacere, sulla libertà, la problematica aperta da queste visioni metafisiche. Con l’avvento del cristianesimo fu invece accentuata la centralità dell’anima nei riguardi dell’universo: l’anima e Dio sono gli unici veri interessi del pensiero di S. Agostino; la sua psicologia si muove in un orizzonte teologico e concreto dove si scontrano peccato e grazia, concupiscenza e libertà, e il cui motivo dominante è l’amore (profano e sacro).

L’io nei tempi moderni: la nascita della psicologia filosofica

Nella scolastica medievale la psicologia è diversamente interpretata dalla corrente aristotelica (tomismo) e agostiniana (scuola francescana); mentre la prima cerca di introdurre nello schema aristotelico le istanze della visione cristiana (specialmente per quanto riguarda l’immortalità dell’anima), la seconda invece usa i termini aristotelici per precisare la concezione agostiniana (l’opera piú sistematica è la Summa de anima di Giovanni de la Rochelle).

L’indirizzo platonico-agostiniano che esalta il primato dell’uomo, si rinnova nell’umanesimo e nel rinascimento e trova una riformulazione filosofica nel Cogito cartesiano, principio di certezza e verità, che polarizza, quale principio di interiorità, nell’autocoscienza l’interesse e la tematica della filosofia moderna. La coscienza diviene, infatti, sia nell’empirismo inglese (Locke e Hume) sia nell’idealismo (Fichte, Hegel) il principio primo e dinamico della realtà, onde la loro psicologia si identifica con la filosofia stessa. Particolare interesse, anche per il grande influsso esercitato sulle concezioni psicologiche successive, riveste la critica di Kant all’idea di anima. Dopo aver costruito le dottrine dell’estetica ed analitica trascendentale basate sulle forme pure (tempo e spazio) e sulle categorie che fanno capo, come a loro centro unificatore, all’Io penso, cioè alla coscienza trascendentale o al soggetto inteso come forma pura, Kant si domanda se questo Io penso sia da identificarsi con l’anima, realtà sostanziale; e risponde negativamente, affermando che l’anima non può ritenersi che come un’idea della ragione, quale unità di tutti i fenomeni psicologici; unità però che non può venire concretizzata nell’esperienza, ma solo pensata. Pertanto riesce impossibile dimostratile la esistenza singolare e la sostanzialità. A tale concezione è stata però contestata dai critici un’implicita contraddizione, poiché afferma da una parte che l’Io penso è spontaneità attiva, e dall’altra lo considera come semplice forma logica; se è spontaneità e attività, l’Io penso non può non essere realtà. Nel pensiero contemporaneo, nonostante il sorgere e il vigoroso sviluppo della psicologia sperimentale, la psicologia filosofica (denominata spesso antropologia filosofica) ha mantenuto e rinnovato il suo ruolo preminente quale scienza dello spirito. Introdotta dal Dilthey come psicologia esplicativa (in opposizione alla psicologia descrittiva o scientifica), elaborata da M. Scheler, essa si propone di indagare il ritmo originario della vita dello spirito, le piú profonde inclinazioni dell’uomo, la sua creatività di significato e di valore quale sua ultima essenza dinamica che si esplica nella libertà della scelta.

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